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I segreti della nostra cucina: intervista allo chef Ciro Colantonio

I segreti della nostra cucina: intervista allo chef Ciro Colantonio

  • 17/02/2017

Ciro Colantonio è uno Chef che guarda avanti. La sua cucina è saldamente ancorata alla tradizione del territorio ed alla ricchezza dei suoi prodotti. Le sue esperienze all’estero gli hanno però permesso di acquisire un bagaglio di conoscenze e di forgiare uno stile tutto suo con il quale reinterpretare la cucina tradizionale.

Quando e come è nata la tua passione per la cucina?

E’ un amore nato a casa dei nonni già durante l’infanzia, avevo più o meno 8 anni. Mio nonno Ciro è stato un grande Chef, lavorava sulle navi da crociera facendo la spola tra i porti più importanti degli Stati Uniti: per me ha rappresentato da sempre un esempio ed un punto di riferimento.

A casa assistevo sempre con grande attenzione alle sue preparazioni: le feste erano il periodo migliore per studiare le sue tecniche e le sue ricette, mentre  le domeniche erano sempre dedicate alla preparazione del sugo con la carne, del pollo arrosto con le patate fritte e dei suoi indimenticabili dolci.

Da oltre 15 anni sei il punto di riferimento nella cucina de La locanda ti li Spilusi: qual è stato il tuo percorso per diventare chef?

A 12 anni già lavoravo nello storico ristorante Il Gabbiano di Brindisi. Facevo il cameriere, portavo i cestini con il pane ai tavoli come pretesto per poter spiare l’attività che si svolgeva in cucina, per poter vivere quel mondo che tanto mi affascinava. Quello è stato l’inizio: dall’anno successivo ho iniziato a fare esperienza nelle cucine di numerosi ristoranti in città, destreggiandomi già con le preparazioni nonostante la giovane età.

La scuola alberghiera mi ha dato poi modo di acquisire competenze anche dal punto di vista teorico. Studiavo cucina: alla letteratura preferivo le tecniche culinarie.

Ritornato a lavorare sul campo, ho viaggiato molto: Sestriere, Tarvisio, Iesolo, Rimini sono solo alcune delle località italiane in cui ho avuto modo di lavorare, prima di aprire i miei orizzonti oltre i confini nazionali verso l’Austria e la Grecia.

Il piatto preferito da bambino e quello “da chef”?

Senza dubbio i tortellini con panna e prosciutto: era un piatto che adoravo, nonostante non fosse legato a qualche ricordo d’infanzia in particolare.

Oggi non ho una predilezione per qualche piatto in particolare, ma tra le mie preferenze ci sono senz’altro i piatti “di terra”. In questo periodo le mie attenzioni sono rivolte verso l’utilizzo del peperoncino e dei formaggi, con particolare attenzione verso i prodotti locali.

L’errore da non commettere in cucina?

Considerare quello in cucina come un lavoro qualunque, non dedicando la necessaria passione a quella che oltre ad una professione dovrebbe essere una vera e propria vocazione.

Quali sono le regole della tua cucina?

Innanzitutto la passione e la concentrazione, poi lo studio e l’innovazione, per essere sempre al passo con le novità. Fino a qualche anno fa le preparazioni erano molto più tradizionali e standardizzate, oggi la formazione e l’aggiornamento continuo sono diventati due elementi imprescindibili.

 Quali sono le qualità principali necessarie per diventare chef?

Caparbietà, grande disciplina, passione e soprattutto tanto spirito di sacrificio.

Come sono cambiati i clienti negli ultimi 10 anni?

I clienti sono sicuramente più competenti, attenti ed esigenti rispetto a qualche anno fa. Per questo è necessario essere sempre un passo avanti, intuendo le nuove tendenze ed anticipando per quanto possibile le eventuali richieste.

Quanto conta la musica e qual è quella che preferisci?

La musica è una delle mie passioni e, associata al lavoro in cucina, è senz’altro fonte di grande ispirazione. Dietro ai fornelli preferisco ritmi più rilassanti, come quelli reggae, mentre il rock lo riservo ai momenti di svago.

l tuo consiglio per chi ha intenzione di seguire la sua strada.

Bisogna innanzitutto credere in se stessi ed andare avanti nonostante le difficoltà. E’ molto importante affiancare alla teoria un percorso pratico, in modo da “sporcarsi le mani” fin da subito imparando sul campo. E poi tanta tenacia, perché oggi fare il lavoro che ci piace è il vero successo.

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